Acciaio author Silvia Avallone By Silvia Avallone

Certamente non si tratta di una lettura impegnativa, e il degrado delle periferie l’ho trovato descritto meglio altrove; ma i personaggi, le situazioni e l’intreccio che man mano viene delineandosi, sono meno banali di quanto possono apparire inizialmente, quindi vale comunque la pena di portare a termine la lettura. 368 Laat je niet afschrikken door de 3-en-een-halve ster voor dit boek van staal; een meesterwerk als je het mij vraagt.

Sylvia Avallone beschrijft in de ontwikkelingsroman Staal een ruige en rommelige wereld waarin twee hartsvriendinnen op- en uit elkaar groeien. Dat het boek zo levensecht overkomt komt waarschijnlijk doordat de auteur daadwerkelijk in Piombino (het IJmuiden van Italië) is opgegroeid. 368 Silvia Avallone scrive bene. Tuttavia una scrittura ben strutturata, con toni a volte lirici che si alternano con momenti anche eccessivamente realistici, non è elemento sufficiente perché si sia davanti a un bel libro. A me questo romanzo non è piaciuto.
Non ha assunto alcun rilievo ai miei occhi e alla mia sensibilità di lettrice nessuno dei protagonisti di questa storia, non mi sono affezionata a nessuno, non a Francesca e Anna, due quattordicenni alle prese con la voglia di crescere e di evadere dai tristi casermoni di viale Stalingrado a Piombino, da cui si guarda l’Elba da un lato e dall’altro gli stabilimenti delle acciaierie Lucchini ex Ilva, non ho sentito simpatia per nessuno dei tanti protagonisti di una realtà squallida di periferia, abitata da personaggi stereotipi: i bulli del quartiere che si incontrano al bar a giocare a flipper per ammazzare il tempo, i giovani operai delle acciaierie che nel fine settimana si sballano con droghe che offrono un momentaneo distacco dalla desolante realtà, famiglie all’apparenza tranquille che nascondono disagi emotivi e difficoltà di rapporti personali, insomma non sono riuscita a vedere in tutto il libro una figura che non uscisse dai soliti clichè della narrativa contemporanea, che sembra superficialmente destinata agli adolescenti, sul genere Moccia per intenderci.
Anche i temi che la scrittrice vuole trattare sono tanti, e così facendo non ne approfondisce alcuno, rimane in superficie, confezionando un romanzo che non so se possa incontrare i gusti dei giovanissimi lettori, di sicuro non ha incontrato i miei. Si parla di problemi adolescenziali, di amicizia –sfiorando appena il tema del lesbismo-, della difficoltà di crescere, della violenza in famiglia perpetrata dietro le porte chiuse in silenzio, della droga, della sicurezza sui luoghi di lavoro e la tutela limitata dei lavoratori. Tratta di tutto questo e altro, senza tanta convinzione.
Sarà per la prossima volta, è solo la sua opera prima. 368 Wow. Swimming to Elba was such a disheartening book. Incredibly well done, but a difficult read.

This novel deals with so many overwhelming themes: poverty, drugs, sex, abuse. Whenever I thought some hope may be on the horizon, that hope was dashed. I felt compelled to read on and on, but I had a knot in my stomach the entire time.

It was an odd reading experience for me. I lived in Italy when I was the same age as Francesca and Anna. Now, I'm around the same as their parents. I thought about my own experiences at their age, having such close, intense friendships, spending summers at the beach, enjoying the free-range kind of liberty that kids enjoy in small Italian towns.

However, the romanticized Italy of our travel books, television shows, and life abroad is not a complete picture. At one point in the book, Anna's mother very bluntly expresses how she feels about her country. Through their status updates and message board posts, I see glimpses of the frustration and uncertainty my Italian friends have toward their government and the state of their economy. I can tell they are worried about what the future holds for themselves and their children.

That feeling of disillusionment, common among young Italians, is something 27-year-old Silvia Avallone nailed in this debut novel.

Her writing is gorgeous in the descriptive, expressive way that is the Italian language. Antony Shugaar did an amazing job with the translation.

I'm not sure about the ending of the book, though. Something happens that is so graphic and horrific, I was sick to my stomach. When I finished reading the last chapter, I'm not sure if I hadn't gotten over that incident, was still stunned, or what. But I was left thinking, really? that's it? and now it's over, just like that?

You can read an interview with Silvia Avallone at the Penguin Group website. It offers a great deal of insight into her novel.

I received a copy of this book from the publisher via NetGalley in exchange for an honest review. I did not receive any other compensation for this review. 368 1- avevo paura a finire questo libro per non dover scrivere un commento..
come dite?
non sono obbligato?
evvai.
no dai, magari il mio commento può convincere qualcuno a leggerlo. dalle stelline direi che è palese che mi è piaciuto un sacco. tecnicamente è una figata: non ci son troppe descrizioni che annoiano e i dialoghi vanno via filanti come una mozzarella. ovviamente il linguaggio è quello che è visto che stiamo parlando di 14enni..
però ehmm, non so bene cosa dire, mi ha toccato nel profondo questo libro.
basta la smetto, tanto non ne cavo un koala dall'albero.

2- Acciaio è triste. parecchio triste. come al solito la gente dà pareri discordanti, c'è chi lo ama e chi lo odia, a me sta piacendo molto, sembra un po' una telenovela ma è talmente realistico che fa quasi male leggerlo. sembrano cose brutte da dire di un libro ma io le vedo come pregi. inoltre ci sono molti personaggi le cui storie si inrecciano e mi sembra ben gestita la cosa, che di questi tempi in un libro la trovi raramente una cosa del genere, a meno che non sia un libro scritto da colossi tipo king e follet o la zia Isabel.
nella sue ingenuità è toccante, romantico, triste, stronzo, prepotente, cattivo, ingenuo (appunto), è anche un po' pietoso, se gliene dai la possibilità smuove per bene i sentimenti.
poi i gusti son gusti. io te lo consiglio, male che vada hai letto un libro che non ti è piaciuto.
la trama della quarta di copertina lo fa sembrare un po' un romanzetto così, ma secondo me vale molto. 368

Silvia Avallone Å 8 summary

Acciaio

Pre-commento breve:
ottimo, sotto il profilo del marchetting.
Artisticamente parlando, un vero pacco.
*******
Prendete un McCarthy d'annata, trituratelo e prendetene a caso qualche brano; aggiungeteci un quarto di Moccia, uno spruzzo di Faletti, una goccia, ed una sola, del Bukowski turpiloque, un'ombra di Agus (Milena) per dare sapore locale et voilà, il Romanzo italiano dell'ultimo decennio è servito.
Mots grosses disseminano a casaccio le pagine, i personaggi sembrano tolti di peso dall'operetta, il tragico si alterna al comico per poi passare nello stolido senza sfumature o plausibilità.
L'ambientazione vuole essere pregnante, invece risulta solo grottescamente ripetitiva, patetico il ricorso saltuario a neologismi di conio freschissimo (l'autrice ha forse pretese gaddiane), che aumentano, invece, la sensazione di trovarsi davanti a un patchwork di pessima fattura.
Atroce il finale: dopo un dramma grandguignolesco che avrebbe atterrato chiunque, le due eroine, bellissime e impavide, coroneranno il sogno delle loro esistenze.
Cuori selvaggi era più verosimile. 368 La dimostrazione che per vincere dei premi non bisogna manco leggere quel che si è scritto.

Pagina 220: [Alessio] Non poteva davvero immaginare che tra pochi mesi l'ennesimo suo collega sarebbe morto e lui avrebbe agitato la bandiera della FIOM contro di lei che stava ormai, a tutti gli effetti, dall'altra parte.
A pagina 338 è Alessio a morire, e tutti i suoi colleghi a scioperare contro di Lei.

Ora ditemi com'è possibile che un'opera - già di per sè scialba, piatta, vuota, banale, trita e ritrita, dove l'unica manco tanto innovazione è che per una volta le due amike dall'amicizia profondissimissima sono lesbiche - che contiene un'errore/orrore simile sia arrivata finalista al premio Strega e abbia vinto il Campiello Opera Prima.
Ma cos'è, sto libro non l'ha letto/riletto nessuno? Manco l'autrice dopo aver buttato la prima bozza si vede. E non l'editore, il correttore di bozze, i giudici dei vari premi, i lettori, chi più ne ha più ne metta. Probabilmente neanche quelli che hanno scritto le migliaia di lettere di raccomandazione profumanti di soldi.
Questo mi fa rabbia. Perchè è l'evidenza di come la letteratura ormai non ha più bisogno di nulla: a stento si nutre di parole, scritte ormai spesso e volentieri da persone che le conoscono e le sanno utilizzare veramente poco, ma ormai la storia è del tutto superflua, e la coerenza, pochi lettori hanno abbastanza memoria per ricordare cos'hanno letto 200 pagine prima.
Più che tutti i diari di puttanelle, di tredicenni in crisi depressive, più che tutti i romanzi senza filo logico che stanno spopolando per ora, per me, la morte della letteratura lo rappresenta questo libro.
Amen.

(Ps: due stellette anzichè una, perchè è uno spreco. Il libro poteva avere spunti interessanti che l'autrice ha tranquillamente buttato nel cesso. forse credeva di colpire, in realtà ha solo deluso. Due stellette per Lisa e Donata, che non hanno alcun motivo di essere in quelle due pagine, ma sono indubbiamente più vive e corpose delle trecento pagine dedicate a Anna e Francesca.) 368 Este libro fue un recomendación de alguien cercano a mi, así que iba completamente a ciegas cuando lo empecé. Y ha sido una sorpresa gratísima.
Ambientado a finales de los 90 principios del 2000 en Piombino (Italia) en un barrio de clase obrera que trabaja en las fábricas de acero, la historia sigue a Francesca y a Anna, dos amigas íntimas que se encuentran descubriendo qué significa entrar en la adolescencia.
A través de ellas y sus familiares y amigos (que también están muy bien trabajados), la autora nos presenta su día a día, con situaciones de precariedad debido a su clase social, de abuso, adicciones y de prejuicios en una época moderna.
Es una de esas historias donde he sufrido por los personajes y he querido que todo les fuera bien aunque ¿cómo cambiar en una historia toda una clase social para aspirar a que todos tengan un final feliz?
Como primera obra de la autora me ha parecido muy sólida, me ha tenido enganchada a sus páginas y la verdad es que me ha dejado bastante poso. 368 Acciaio è un'opera che mi è difficile commentare, perché è profondamente antipatica nel suo essere pretenziosa e ingenua, documentaria e falsaria, onesta e ruffiana insieme.
In tutta sincerità vorrei prendere le distanze da chi ha massacrato libro e autrice - a mio avviso non sempre a proposito - almeno quanto mi sento lontana da chi ha candidato questo romanzo al Premio Strega (benché dopo l'inqualificabile emodramma di Paolo Giordano sia rassegnata al peggio).
Acciaio è un quantomeno improbabile pasticcio di Zola in salsa Moccia: descrizioni paesistiche talora potenti contro personaggi di carta velina; valutazioni da Bignami di sociologia versus uno stile che, per quanto piatto, si lascia leggere con discreto piacere.
A mio avviso Silvia Avallone ha le potenzialità della narratrice di rango, ma non arriva a svilupparle in pagine che - sul serio - viene da chiedersi quanto interesse avrebbero suscitato se non supportate da una grandissima casa editrice.
Cosa mi è piaciuto? Molto più di quel che potrebbe lasciar intendere quanto ho scritto sinora.
Le macchine, ad esempio.
Quando si lancia nella descrizione del rapporto carne-macchina all'interno delle acciaierie, la prosa vola: è neo-naturalista, vibrante, bellissima.
Cosa non mi è piaciuto? La sociologia spicciola alla Cioè sulle adolescenti di oggi; l'appiattimento del femminile sull'o secchiona o velina; il dramma sociale tirato per i capelli; la trascuratezza linguistica (parliamo dei toscani dei cantieri più duri d'Italia e mai una bestemmiuccia?); un bieco menefreghismo per la verosimiglianza (gente pestata che l'indomani va al mare in bikini e nessuno nota nulla, per intenderci).
Non ho mai chiesto alla letteratura di essere fedele al reale, ma credo che un buon romanzo debba essere interpretazione: in Acciaio, per contro, mi pare che l'autrice abbia riciclato luoghi comuni e topoi da fiction di Rai Uno. Troppo poco, insomma, per ambizioni da Strega. 368 Non mi interessano i giudizi (e i pregiudizi) di chi l’ha bollato come il solito best seller provincialotto all’italiana, perché non ha trovato fra le pagine Proust o Dostoevskij.
Non mi interessa nemmeno quanto ha venduto, non conosco le cifre, non conosco l’autrice, non conosco nemmeno le sue opere successive.
L’ho letto come qualunque altro libro, indipendentemente dall’azione di marketing o meno che la casa editrice possa aver fatto, e che in nessun modo inficia il mio gusto su quanto ho letto.
E, guardando il mio gusto, “Acciaio” di Sivia Avallone ha tutto ciò che io adoro in un romanzo.
Innanzitutto, è triste.
Triste come solo la quotidianità, in certi luoghi e in certi tempi, i nostri, sa essere.
E’ crudo, grigio, realistico fino alla disperazione. In breve, ci trovi quello che nella vita è, e non solo in certi paesini di provincia dell’Italia del Sud (dove si potrebbe pensare, inizialmente, che il romanzo è ambientato), ma ovunque nel nostro belpaese fatto di tanti contrasti e di tante difficoltà, da Nord a Sud.
E infatti siamo a Piombino, nel quartiere dell’immensa via Stalingrado. I rumori familiari che escono dalla finestre dei casermoni, i bambini che giocano a palla nei cortili, le porte che sbattono, gli schiaffi in faccia, l’urlo di una donna che risuona lungo la rampa delle scale, il cibo in tavola, la polvere sulla strada, il sole accecante sulle masse di cemento, le panchine con i nomi dei ragazzini incisi. E lei, l’immensa acciaieria Lucchini, la vera protagonista del romanzo, nella quale alcuni dei personaggi sputano sangue e sudore per portarsi a casa uno stipendio sicuro, uno stipendio da operaio. Sullo sfondo, il mare dell’Elba, bella, selvaggia, quasi irraggiungibile.
Tutto è descritto con un’abilità tale da rendere il romanzo un piccolo umile capolavoro di neorealismo dei giorni nostri. Del tipo che qualcuno, fra cinquant’anni lo potrebbe vedere in bianco e nero e commentare ambienti, atmosfere e azioni all’apparenza ataviche, in realtà così vere e così concrete per il periodo messo in scena, così come noi osserviamo e commentiamo pellicole di cinquant’anni, sessant’anni fa. Ma loro siamo noi, nel nostro paese, nelle nostre città.
E poi ci sono loro due, le nostre protagoniste, Anna e Francesca, due ragazzine di 14 anni che, secondo me, se vai in un quartiere operaio di Piombino dei giorni nostri, beh, le trovi davvero. E la loro storia, che ci parla di un’infanzia che cresce, di un’amicizia apparentemente tradita, della scoperta dell’amore, della disgregazione di una famiglia e che poi sfocia nel dramma, perché siamo pur sempre lì, nei casermoni di via Stalingrado e nell’acciaieria Lucchini, che di certo non regalano la felicità.
In questo microcosmo le nostre protagoniste, animali braccati dal destino con cui nascono, paiono non avere speranze. Si trovano, crescono, si allontanano, com’è normale nella vita di tutti i giorni e alla loro età, e alla fine si ritrovano, ma nel frattempo hanno vissuto esperienze che le hanno cambiate per sempre.
E infine, c’è lo stile dell’autrice, un dolce pugno nello stomaco capace di accostare elementi tanto diversi fra loro (mi ha ricordato alla lunga quello di Margaret Mazzantini, seppur più acerbo e meno complesso di quello che troviamo, ad esempio, in “Splendore”), perfetto per descrivere quel senso di immortalità tipico degli adolescenti in quel momento in cui, il loro corpo e il loro spirito, cambiano. Ma perfetto per descrivere anche quel senso di frustrazione derivato dalla violenza e dall’abbandono, altri temi che qui emergono prepotentemente.
In conclusione, col cavolo che qui ci troviamo di fronte a un romanzo banalotto e superficiale. Ci sarebbe tanto materiale da poterlo studiare, analizzare e commentare. E che barba e che noia i soliti commenti di chi non sa andare oltre, per poi magari bersi e apprezzare ogni boiata che arriva dall’America. Ma va beh, ognuno ha i suoi pareri. E io, “Acciaio”, voglio premiarlo.

368

Nei casermoni di via Stalingrado a Piombino avere quattordici anni è difficile. E se tuo padre è un buono a nulla o si spezza la schiena nelle acciaierie che danno pane e disperazione a mezza città, il massimo che puoi desiderare è una serata al pattinodromo, o avere un fratello che comandi il branco, o trovare il tuo nome scritto su una panchina. Lo sanno bene Anna e Francesca, amiche inseparabili che tra quelle case popolari si sono trovate e scelte. Quando il corpo adolescente inizia a cambiare, a esplodere sotto i vestiti, in un posto così non hai alternative: o ti nascondi e resti tagliata fuori, oppure sbatti in faccia agli altri la tua bellezza, la usi con violenza e speri che ti aiuti a essere qualcuno. Loro ci provano, convinte che per sopravvivere basti lottare, ma la vita è feroce e non si piega, scorre immobile senza vie d'uscita. Poi un giorno arriva l'amore, però arriva male, le poche certezze vanno in frantumi e anche l'amicizia invincibile tra Anna e Francesca si incrina, sanguina, comincia a far male.
Attraverso gli occhi di due ragazzine che diventano grandi, Silvia Avallone ci racconta un'Italia in cerca d'identità e di voce, apre uno squarcio su un'inedita periferia operaia nel tempo in cui, si dice, la classe operaia non esiste più. E lo fa con un romanzo potente, che sorprende e non si dimentica. Acciaio author Silvia Avallone